A cura dell'Avv. Dionigi Bovolo, esperto di contrattualistica del trasporto
Per prima cosa intendiamoci sui termini. Nulla contro quelli inglesi, naturalmente, ma spessi essi risultano poco interpretabili per un italiano. Questo anche a causa del fatto che il loro significato può offrire molteplici trasposizioni.
È paradigmatico, infatti, l'esempio del verbo inglese 'to share', il cui significato principale è 'condividere' o 'compartecipare'. Tuttavia, il lemma viene spesso utilizzato con troppa disinvoltura nel nostro linguaggio 'all'italiana', premettendo semplicemente alla sua forma coniugata 'sharing' vocaboli, sempre traslati dall'inglese, quali bike o car; e chi più ne ha più ne metta.
Accertato dunque che la parola significa condividere con altri utenti un bene senza averne la proprietà esclusiva, si apre un mondo veramente pieno di interessanti opportunità.
Arrivare in una città, magari in treno o in aereo, e trovare la disponibilità quasi immediata di una vettura che poi si può restituire alla fine del suo utilizzo - che mediamente oscilla tra una mezz'ora e le due ore di fruizione al giorno per singolo utente -, è certamente interessante. E questo è car sharing.
Per non parlare, poi, di una gita sul lago dove, lasciata l'automobile, si può prendere una bici messa a disposizione da un operatore anche pubblico, dietro pagamento di una modesta cifra di denaro. Ed è bike sharing.
Sarà la modalità di spostamento del futuro, certamente è molto comodo o, come dicono gli inglesi, è più cool. È stato autorevolmente scritto che la reale posta in palio è quella di ridurre il numero di auto circolanti soprattutto nelle nostre città, facendo utilizzare a più persone la stessa vettura.
Lodevole e lungimirante, ma l'altra faccia della medaglia è costituita dalla scarsità di norme giuridiche specifiche per regolamentare questo nuovo sistema di gestire il trasporto di persone.
Attualmente sono disponibili solo le norme del Codice Civile sulla locazione di beni mobili. Neppure nel Codice della Strada si rinvengono specifiche regole in materia...
Sarà forse anche per la mancanza di precisi e univoci precetti in materia che, secondo gli esperti, alcuni automobilisti italiani, che notoriamente considerano la macchina un membro della famiglia, sono contrari a servirsi di questa modalità di spostamento. L'offerta del servizio limitata, in via quasi esclusiva, alle grandi città può invece giustificare perché soltanto circa cinque milioni risultano essere i contratti di car sharing stipulati in tutto il 2016.
Tra l'altro, ritornando in conclusione al discorso semantico, il vocabolo 'share' nel linguaggio economico indica una cosa ben diversa: la quota di un bene comune indivisibile quale una parte di un capitale finanziario. Che confusione!