Italia in controtendenza rispetto al resto del mondo quando si parla di Guida Autonoma. Lo ha messo in luce l'edizione 2020 del Deloitte Global Automotive Consumer Study, che ha coinvolto più di 35.000 consumatori ripartiti in 20 paesi.
Solo un quarto dei nostri connazionali ha dichiarato infatti di non ritenere sicura questa tecnologia, una quota che scende di anno in anno. Il 25 per cento degli italiani si confronta con il 45 per cento dei tedeschi, il 47 per cento dei giapponesi e il 48 per cento degli statunitensi (tutti stati dove i costruttori stanno spingendo sullo sviluppo dell'autonomous driving), frenati, come da altre parti nel mondo, da forti perplessità connesse principalmente alle sfere della sicurezza e della privacy.
A frenare la corsa della Guida Autonoma, nel nostro Paese così come negli altri 19 presi in considerazione, è però il fattore prezzo. Il 26 per cento dei nostri connazionali si è infatti espresso contro la corresponsione di una cifra più alta a fronte della disponibilità di questa tecnologia, stessa 'fetta' di consumatori italiani che chiuderebbe il portafoglio in caso di soluzioni che permettessero al veicolo di comunicare con gli altri e con le infrastrutture pubbliche (connettività), contribuendo così alla sicurezza stradale. Un 33 per cento di coloro che sono stati ascoltati è pronto a pagare al massimo 400 euro.
"A livello globale assistiamo ad un netto raffreddamento dell’entusiasmo dei consumatori per i veicoli a guida autonoma - ha rilevato Giorgio Barbieri, Partner Deloitte e responsabile italiano per il settore Automotive -. L’Italia si distingue però come uno dei Paesi più aperti e fiduciosi nei confronti di questa tecnologia, anche rispetto a mercati fortemente all’avanguardia come Cina e Giappone".
Affinche il settore automotive riesca a convergere verso standard comuni e soluzioni tecnologiche integrate, con una forte riduzione degli oneri di compliance normativa, è però essenziali intervenire su un duplice binario: potenziare gli standard qualitativi, investendo in modo mirato sull'innovazione tecnologica; e consolidare il quadro normativo grazie all'assunzione di un ruolo di leadership da parte delle istituzioni pubbliche.
Lo studio di Deloitte ha inoltre evidenziato un forte e crescente interesse, in tutti i paesi occidentali, nei confronti di alimentazioni in grado di tutelare l'ambiente, come l'elettrico e l'ibrido, che in Italia hanno guadagnato 13 punti percentuali in un solo anno, passando dal 58 del 2019 all'attuale 71.
Affidabilità e durata delle batterie appaiono tuttavia come i 'talloni di Achille' percepiti dai consumatori del nostro Paese, così come la scarsità delle infrastrutture di ricarica.
Alcuni dati: il 57 per cento del campione si attende un'autonomia di circa 500 km, nonostante ne percorra quotidianamente solo 43; quasi 1 italiano su 2 (il 45 per cento) è disposto ad aspettare mezz'ora o più per arrivare a una ricarica completa della batteria, a fronte di un 15 per cento che richieda di attendere meno di 10 minuti. Quanto alla questione 'a chi compete installare le colonnine', la maggioranza si è espressa per le compagnie elettriche (39 per cento), davanti a enti pubblici (30 per cento) e costruttori (19 per cento).
"Per il terzo anno consecutivo, nel nostro Paese, continua a crescere la preferenza nei confronti della mobilità ibrida/elettrica, a discapito dei carburanti tradizionali che perdono sempre più terreno - ha aggiunto Barbieri -. Alla base di questo trend vi è anzitutto la consapevolezza di poter contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale, prima ancora delle tematiche economiche legate ai risparmi di costo e ai vantaggi fiscali".
Sottolineata, sempre in questa sede, la rilevanza cruciale di un percorso che porti player privati e istituzioni pubbliche ad avviare partnership strategiche volte al potenziamento delle infrastrutture di ricarica.