Un comparto in difficoltà. Così sono inquadrati i concessionari alla luce di uno studio approfondito di Bain & Company, società di consulenza globale, realizzato in tempi recenti per comprendere quale impatto avesse comportato la pandemia tuttora in corso. I risultati mostrano come i dealer piccoli e quelli fortemente indebitati pesino insieme per oltre il 70 per cento sul canale distributivo e siano esposti a rischi di liquidità qualora abbandonati a se stessi.
"Le Case automobilistiche - ha chiarito Gianluca Di Loreto, Partner di Bain & Company - hanno supportato prontamente le proprie reti commerciali, cercando di prevenire il più possibile le situazioni critiche (a tutela della clientela) e riducendo di molto questa percentuale, ora prossima al 30-35%. Considerando anche il Decreto Rilancio e iniziative spot delle concessionarie, la quota di aziende a rischio concreto di default stimiamo scenda intorno al 20%, un valore comunque molto elevato".
Bloccato a livello di attività (vendite) dal lockdown, il comparto della distribuzione automobilistica italiana continua a patire un netto ritardo rispetto a quanto si registra in altri paesi, entro e fuori dall'Europa. Le concessionarie medio-piccole sono infatti ancora centinaia, con un fatturato medio contenuto e un'apertura minima al digitale. Margine in crescita e rendimento costante sull'investimento caratterizzano invece le realtà più grandi del settore.
Sul piano geografico, i pericoli maggiori sono ascritti all'area del Centro Italia, dove la profittabilità e il livello di indebitamento sono risultate rispettivamente la più bassa e il più alto nel momento di avvio dell'emergenza sanitaria. Il loro rapporto Debito Netto/EBITDA nel 2019 era infatti di 3,1 contro l'1,9 dei dealer del Nord. "La pandemia sta portando le concessionarie a rivedere completamente il modello di business degli operatori - ha ripreso Di Loreto -, con l’effetto di ridisegnare completamente il modo di vendere, distribuire, gestire l'auto e il cliente".
A latere occorre considerare che la crisi del trasporto pubblico indotta dalla diffusione del Covid-19 si sta accompagnando a un ritorno progressivo all'auto privata. Non parliamo però di nuovi acquisti, bensì, molte volte, di seconde e terze scelte, tenute per lo più ferme e con tecnologie costruttive d'altri tempi. Gli effetti collaterali del fenomeno si registrano sia a livello di traffico, sia di quota di inquinanti registrati.
Di qui uno 'spot' a favore della mobilità elettrica, indicata anche nello scenario post-Coronavirus come un'opportunità di crescita per l'Italia. Il dubbio è però che vi siano le condizioni adatte. Al momento la rete nazionale di infrastrutture per la ricarica conta 10.000 punti, ma non basta.
"Lo sviluppo di un network pubblico deve essere il volano dello sviluppo della mobilità elettrica - ha commentato Roberto Prioreschi, Managing Director per Bain Italia, Grecia e Turchia e responsabile della Practice Energy italiana -. Gli investimenti nel settore sono stati consistenti e continueranno nei prossimi anni, anche grazie all'auspicata semplificazione dei processi autorizzativi. Ciò porterà l'Italia sia per numerica, sia per qualità della rete di ricarica, a livello dei principali paesi europei quali Germania e Francia dove i punti di ricarica sono pari a circa 4 volte quelli presenti nel nostro paese.".
Alessandro Cadei, Partner di Bain & Company e responsabile EMEA della practice Energy & Utility, ha aggiunto: "È necessario non perdere il focus anche su altri due aspetti che riteniamo essere critici per lo sviluppo di una rete efficiente: la creazione di un network di colonnine ad alta potenza per garantire soste brevi lungo le tratte ad alta percorrenza e la revisione delle tariffe di ricarica pubblica, come in parte abbozzato dal DL Semplificazioni. Entrambi elementi, tra gli altri, per i quali è importate una evoluzione del modello regolatorio. Non da ultimo è opportuno ricordare il ruolo dell’infrastruttura di ricarica 'privata', sia a livello di cliente finale, sia nel settore delle flotte (ad esempio light duty) il cui sviluppo integrerà e velocizzerà l’adozione di un modello di mobilità sostenibile.".